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Commissione antimafia al capezzale della Locride



LOCRI Seconda giornata di audizioni per la Commissione parlamentare antimafia, oggi in missione a Locri. Di fronte a deputati e senatori sfilano il procuratore di Locri Luigi D’Alessio, i comm…

Pubblicato il: 01/04/2016 – 16:49
Commissione antimafia al capezzale della Locride



LOCRI Seconda giornata di audizioni per la Commissione parlamentare antimafia, oggi in missione a Locri. Di fronte a deputati e senatori sfilano il procuratore di Locri Luigi D’Alessio, i commissari prefettizi di Africo e Bovalino, il sindaco di Gioiosa Ionica Salvatore Fuda, il presidente dell’associazione dei Comuni della Locride Giorgio Imperitura, sindaco di Martone, comune in cui nelle settime scorse e’ stato incendiato lo scuolabus, ma vengono nuovamente ascoltati anche  il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, l’aggiunto Nicola Gratteri, e i vertici provinciali delle forze dell’ordine.

ESCALATION CRIMINALE Obiettivo,  fare il punto sul clima di crescente tensione che anche la Locride negli ultimi mesi ha fatto registrare. Nonostante operazioni e inchieste abbiano duramente colpito l’apparato militare dei clan storici del mandamento, intimidazioni, minacce e danneggiamenti continuano a essere una drammatica costante. «A giudizio di questa Commissione – ha detto la presidente Rosy Bindi, al termine della missione – i diversi raid o attentati di natura criminale che si sono verificati anche di recente in questo territorio e anche contro le istituzioni pubbliche, stanno a significare una sorta di reazione, ai risultati raggiunti in tema di contrasto e di bonifica di alcune aree da parte delle forze dell’ordine, da parte delle organizzazioni criminali. È insomma una ‘ndrangheta braccata che va ancora di più colpita su quello che allo stato è la fonte di guadagno maggiore: il traffico su vasta scala di droga».

PRUDENZA  Nel frattempo, amministratori, imprenditori, attivisti erano e sono un bersaglio, ma – è emerso dai lavori della commissione – ma non tutti gli attacchi che subiscono hanno lo stesso significato. In Calabria in generale, e nella Locride in particolare – hanno avvertito inquirenti e investigatori – è sempre necessario utilizzare un certo grado di prudenza nell’analizzare le situazione. «Le cose – ha detto il prefetto Claudio Sammartino nel corso della sua audizione di oggi – non sono mai come sembrano e non tutti i segnali hanno il medesimo significato». Parole inquietanti, soprattutto alla luce della situazione di endemica, se non strutturale contaminazione delle amministrazioni pubbliche del reggino. Un’infezione che sembra non conoscere cura.

IL NODO SCIOGLIMENTI Lo hanno spiegato – quasi imbarazzati – i commissari che oggi governano i Comuni di Africo e Bovalino, come prima di loro, nel corso delle precedenti missioni, si sono trovati costretti a spiegarlo i prefetti chiamati a guidare le tante amministrazioni dichiarate decadute  per mafia. Ma lo scioglimento – emerge ancora una volta dall’audizione di chi si trova a gestire un Comune che lo subisce – è uno strumento d’emergenza che stacca la corrente a compagini intossicate dai clan, ma non è in grado di curare la malattia che ha permesso quella contaminazione. Un tema già da tempo al centro della riflessione della Commissione, che al riguardo sta studiando una proposta di riforma. L’ipotesi è quella di dotare i commissari di poteri e strumenti amministrativi maggiori e più efficaci, per permettere loro di risolvere i problemi concreti dei centri che si trovano ad amministrare. Una questione ormai ineludibile – si ragiona in Commissione-  pena l’ulteriore allontanamento fra istituzioni e cittadini. Se le comunità sono costrette a i a vivere prima sotto il tallone dei clan, quindi sotto quello di commissari a politiche di lacrime e sangue per ripianare saccheggi e ruberie delle ndrine, il risultato non può essere che quello di un ulteriore divorzio fra Stato e cittadini.

QUESTIONE DI BONIFICA Un problema politico che la commissione è intenzionata ad affrontare, ma che non esaurisce le criticità che i comuni sciolti per mafia presuppongono. L’ulteriore questione – allo stato irrisolta – è successiva al periodo di commissariamento. Quando la terna va via, la macchina burocratica e la classe politica avranno sviluppato anticorpi sufficienti per resistere alle pressioni dei clan? Su Africo e Bovalino i commissari non hanno voluto mostrarsi scettici, ma non hanno potuto fare a meno di esprimere «forte preoccupazione». Perché il nodo – e non solo nella Locride – continua ad essere l’abbraccio perverso fra ‘ndrangheta e politica, che contamina le istituzioni dell’intera Calabria. E forse non solo. Perché le inchieste di diverse procure d’Italia non fanno altro che mostrare la pervasività delle ‘ndrine, arrivate a infiltrare anche territori considerati al riparo dall’infezione. Ma il grido d’allarme e di dolore che da tempo lanciano investigatori ed inquirenti chiamati a lavorare dove la ‘ndrangheta ha la sua capitale, rimane inascoltato.

UN TRAGICO PARADOSSO  «Per contrastare il fenomeno del crimine organizzato – annuncia la presidente Bindi – chiederemo al governo centrale maggiori interventi in Calabria in fatto di mezzi e forze dell’ordine e il potenziamento della Procura di Catanzaro, della Procura, del Tribunale e dell’Ufficio del gip di Reggio Calabria e del Tribunale di Locri». All’esito delle audizioni, la tragica mancanza di uomini e mezzi è un dato che la Commissione non può e non vuole ignorare. Anche perché, in altre province e in altre occasioni, il governo si è mostrato in grado e pronto a rispondere a un’emergenza o a quella che è stata definita tale. Lo hanno ricordato ai parlamentari i vertici degli Uffici giudiziari reggini, ricordando come per Expo siano state create task force di magistrati e investigatori, incaricati di vigilare sugli appalti del grande evento. Le segnalazioni, ormai disperate, che arrivano dalla Calabria invece rimangono inascoltate.

COMBINATO DISPOSTO Al contrario, le ultime modifiche legislative introdotte dal governo Renzi in tema di attualità delle esigenze cautelari non hanno fatto altro che peggiorare la situazione. Con uffici gip ridotti ai minimi termini e soffocati da richieste di ordinanza di custodia cautelare – del tutto coerenti con la densità criminale della provincia, ma spropositate rispetto a quella abitativa – le nuove norme non hanno fatto altro che regalare la libertà, se non l’immunità, a diversi pericolosi criminali. E in queste condizioni, non può essere altrimenti. Prima che la richiesta di un pm venga vagliata con attenzione dai pochi gip che rimangono, passano mesi, se non anni. per questo, quando l’operazione viene eseguita sono passati anni interi dai fatti reato e le esigenze per la custodia cautelare non ci sono più. E se non è il gip a negare il carcere, arrivano il Tribunale della Libertà, o la Cassazione. E così colpevoli, o presunti tali, di reati anche gravi restano liberi in attesa di processo. «Come movimento Cinque stelle – dice il senatore Mario Giarrusso – se il governo ha davvero intenzione di combattere la ‘ndrangheta e quali siano le sue priorità. Perché il combinato disposto fra le modifiche normative apportate in tema di esigenze cautelari e l’inerzia nel rispondere alle richieste degli uffici giudiziari reggini fa pensare».

NO A PROVVEDIMENTI SPOT Investigatori ed inquirenti sono stati chiari. In Calabria non servono provvedimenti spot, la regione non ha bisogno di soldati o superpoliziotti che rimangano 40 giorni sul territorio per poi andare via. Quello che serve – ha affermato il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, che da anni non perde occasione di sottolinearlo – sono investigatori e magistrati capaci, che abbiano voglia di lavorare in Calabria e di restarci per tutto il tempo necessario. La lotta alle ‘ndrine – detto in soldoni – non può essere né una gita turistica nè uno spot. Gratteri parla con cognizione di causa. Da magistrato,  ha dedicato tutta la sua carriera alla Calabria, e da oltre 17 anni presidia quella procura di Reggio, che a breve sarà costretto a lasciare, pena l’obbli
go di abbandonare le indagini Dda. Ma possono affermare senza timore di smentita il medesimo concetto, anche  i tanti procuratori e investigatori che alla Distrettuale reggina hanno dedicato la loro carriera, anche a costo di un’esistenza blindata.

COERENZA E CREDIBILITA’ «È quasi imbarazzante il confronto fra  investigatori e inquirenti che hanno dedicato la propria vita a questa battaglia e una commissione che non ha avuto il coraggio di non far sedere lì davanti degli impresentabili». Non ha peli sulla lingua il senatore pentastellato Mario Giarrusso, che senza tanti giri di parole attacca frontalmente il Pd e i suoi delegati. «La presidente Bindi e il partito democratico hanno permesso a persone che avrebbero dovuto essere ascoltate dalla Commissione parlamentare antimafia, di essere parte della delegazione in missione a Reggio Calabria». Il riferimento – spiega Giarrusso – è alla componente dei dem calabresi, fra cui spiccano i deputati Enza Bruno Bossio, moglie di Nicola Adamo, uomo forte del Pd cosentino, ed Ernesto Magorno, segretario regionale del Pd. Ad entrambi, i pentastellati avrebbero voluto chiedere conto dei rapporti pericolosi di Sandro Principe con le ‘ndrine cosentine, ma soprattutto del ruolo  che lo storico sindaco di Rende avrebbe guadagnato tanto nel partito, come nelle amministrazioni che il partito ha guidato, grazie  a quei rapporti e a quei pacchetti di voti,. «Non ce li hanno fatti convocare, ma almeno la presidente Bindi avrebbe dovuto avere il coraggio di non farli venire in Calabria ad informarsi sui rapporti fra ‘ndrangheta e politica».          

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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